Sveglia alle 6:00.
Usciamo prestissimo nel buio di Moab. Il freddo tagliente ci congela immediatamente. Ci rintaniamo in macchina con riscaldamento al massimo e scalda-chiappe (così nominati i sedili riscaldati) a livello inferno.
Ci mettiamo circa un’ora per entrare nel Canyonlands National Park, uno dei Mighty Five Parks dello Utah. Facciamo più veloce che possiamo, le terre ghiacciate attorno a noi cominciano ad illuminarsi dal crepuscolo de mattino.
Arriviamo al Mesa Arch cinque minuti prima dell’alba. Uno spettacolo da togliere il fiato ci si presenta di fronte.
Le prime luci del mattino, che toccano le rocce rosse di un paesaggio senza fine, disegnato da canyon profondi.
Rimaniamo senza parole, piangiamo. Facciamo triliardi di foto all’arco, illuminato dal sole che ormai colora tutta la valle.
Torniamo in hotel a fare colazione. 50 locuste hanno preso d’assalto il povero vecchietto dell’albergo che si è dovuto rimettere a cucinare frittata è bacon per tutti.
Rimessi in sesto, ripartiamo per l’Arches National Park. Subito capiamo che il paesaggio è totalmente diverso da quello visto stamattina. Dalla brughiera innevata cominciamo a veder ergersi enormi massi rossi, grandi come palazzi. È emozionante passare attraverso questi dei immortali.
Arriviamo al parcheggio per il Delicate Arch. Zaino in spalla, ci aspetta un’ora di camminata.
Eravamo vestiti da freddo. Freddo freddo.
E invece il sole di gennaio spacca i sassi. Ci togliamo qualsiasi cosa per affrontare la salita sulla roccia rossa. Passiamo dietro una catena di massi ed eccolo lì: l’arco delicato lo chiamano, ed effettivamente questa è la sensazione. Lui solo, sereno, illuminato dal sole e imbiancato dalla neve, col paradiso attorno. Siamo senza parole.
Talmente è forte l’emozione che una radio ci scivola dalle mani e rotola nella conca sotto l’arco.
Qualcuno (che da ora in poi prenderà il nome di Steve Rogers) scende a recuperare la radio, ma nella risalita scivola per qualche metro di nuovo nella conca. Niente di rotto, solo una botta al sedere e qualche battuta triste.
Ridiscendiamo dall’arco, torniamo in paese per pranzare. Alle quattro del pomeriggio. Ormai ci stiamo abituando ad essere molto flessibili con il pranzo, quando capita e dove capita. E questa volta ci capita bene, trovando un vecchio fast food degli anni 50, con i deliziosi hamburger tradizionali di una volta.
Ripartiamo subito. Non vogliamo sprecare neanche un minuto di questa incredibile giornata. Rientriamo a Canyonlands e svoltiamo in direzione del Dead Horse Point. Riusciamo così ad assistere agli ultimi raggi di sole su di un paesaggio infinito. Canyon, rocce rosse, gole a perdita d’occhio. Con il Colorado che attraversa un paesaggio marziano.
È una vista che riempie gli occhi. Non sai dove guardare.
Finiamo le memorie di qualsiasi cosa possa prendere foto. Ci sediamo sui dirupo a guardare l’infinito in silenzio, al freddo, stringendoci l’uno all’altro. Siamo felici. Siamo sulla cima del mondo insieme.
Rientriamo all’imbrunire, c’è una piscina d’acqua bollente che ci aspetta. Non prima però di fermarci in strada, spegnere le auto ed assistere allo spettacolo di stelle più bello della nostra vita.
Due ore a mollo nel brodo non ci tolgono dalla testa la voglia di sfruttare al massimo questa giornata pazzesca. Così ci ritroviamo alle dieci per rientrare in Arches e fotografare le stelle.
Unico dettaglio che non avevamo calcolato: la luna.
Quella maledetta nel frattempo è spuntata dall’orizzonte illuminando cielo e terra. Non riusciamo a vedere più il firmamento incredibile di qualche ora fa… in compenso però, il paesaggio è completamente illuminato a giorno. Ed è pazzesco.
Ci divertiamo per un’oretta a fare foto con le stelle… poi il freddo gelido prende il sopravvento facendoci scappare in albergo.
Nanna al caldo. È stata una giornata lunghissima e intensissima.
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