Oggi puntiamo a nord. Lasciamo l’albergo alle 10, facciamo benzina, cambiamo gli equipaggi e ci mettiamo in marcia.
Ormai cambiare equipaggio è diventato una routine. Si sale in macchina e si comincia a chiacchierare, ascoltare musica, discutere magari sul giorno prima o si instaurano discorsi di alta filosofia sui calzini alti o bassi.
Ci conosciamo veramente bene ora. Ci siamo visti nei momenti migliori, ma anche nei peggiori. Sappiamo come trattarci l’uno con l’altro per riuscire a tirare fuori il massimo da questo viaggio.
La direttiva della giornata è avvicinarsi a San Francisco, la meta finale.
Decidiamo di non farlo come negli altri viaggi, passando per l’entroterra, vedendo solo campi e traffico.
Decidiamo di farlo per il Big Sur.
Il Big Sur è un parco che si estende per quasi tutta la costa californiana, venendo attraversato solo da una strada, la famosissima 1 che, come un pennarello, disegna il bordo della costa.
Un percorso affascinante, costellato di curve e tornanti. Ma guidare illuminati da un sole caldo, sferzati dal vento fresco e denso dell’oceano, ci da una sensazione di libertà infinita.
Ci fermiamo un paio di volte durante il tragitto. La prima per osservare da lontano delle colonie di elefanti marini: creature enormi, estremamente buffe, che passano la maggior parte del tempo spiaggiati al sole. Ogni tanto si vede qualcuno che prende l’iniziativa e si trascina verso il mare, ma fallisce miseramente dopo solo due metri, facendo ancora più ridere. Scopriamo poi che quelle bestie da sole possono arrivare a pesare fino a due tonnellate. Beh forse due metri è anche troppo per quegli scatti alla riscossa del mare.
Spinti dai ricordi dei precedenti master, ci fermiamo per vedere le McWay Falls, ma veniamo delusi dal percorso chiuso.
Riusciamo solamente a scattare qualche foto all’immagine più paradisiaca di una spiaggia californiana, senza purtroppo scenderci giù. Mannaggia la sfortuna ci perseguita ancora.
Continuiamo sulla strada passando velocemente da costa a foresta e di nuovo costa. Per ammazzare la fame compriamo qualche snack, ripromettendoci di mangiare seriamente appena fuori dal parco.
Ci arriviamo alle quattro del pomeriggio, ormai provati dalle curve e dall’aria.
Diamo un senso alla giornata fermandoci a Carmel, giriamo il muso delle macchine e puntiamo al mare.
Ci buttiamo in spiaggia per un paio d’ore. Chi gioca a pallavolo, chi scava buche e sotterra persone nella sabbia, chi passeggia sul lungomare.
Tentiamo alla fine un bagno. L’acqua è più che gelata.
Ma appunto perché è freddissima, anestetizza subito gambe e piedi e ti permette di affrontare (nel modo più goffo possibile) le onde alte più di due metri.
Siamo contenti. Abbiamo passato due ore di relax al mare. E non un mare qualunque. Sembra quasi stupido pensarlo, ma effettivamente siamo a nostro agio, in un ambiente che è all’opposto del pianeta da casa nostra. Insomma, se ora cominciassimo a nuotare dritto, incontreremo il Giappone.
Il mondo è immenso, ma nel suo piccolo potrai sempre trovare qualcosa in cui riconoscerti, come una spiaggia su cui giocare a Beach volley.
Provati dalla giornata di vento e sole, arriviamo in serata a Santa Cruz.
Domani ci sarà la tratta finale. Al galoppo verso San Francisco.
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